Consapevolezza: termine inflazionato, sulla bocca di tutti ( a volte senza che ne conosciamo il vero significato), che sembra derivare  dal latino cum + sapere, che vuol dire sapere insieme,  indicando così la presa di coscienza da parte dell’individuo, che può essere vista come un momento “intimo”, non superficiale, in cui  la persona arriva alla cognizione di qualcosa di estremamente profondo e in armonia con la propria interiorità.

Questa presa di coscienza può essere raggiunta anche attraverso il confronto fra i nostri molteplici se’ interiori, fra le nostre sub personalità, per cui un “ sapere insieme” non tanto come confronto con gli altri, quanto come dialogo interiore con tutte le nostre polarità interiori.

La consapevolezza può essere vista come quel sapere non superficiale, non accademico o intellettuale, bensì come un modo unico di rapportarsi con se stessi e con il mondo esterno, un modo per affrontare e rielaborare, evitando di trasformare il presente in un passato che non passerà mai, perché contraddistinto dalla ripetitività.

“ La consapevolezza è il cammino per il senza morte, la mancanza di consapevolezza è il cammino per la morte. Coloro che sono consapevoli non muoiono, coloro che non lo sono è come se fossero già morti” (Siddartha Gautama Buddha, Dhammapada).

Da queste parole potremmo evincere che la consapevolezza può essere vista come sinonimo di vita, come momento di fusione fra la conoscenza emozionale e quella pratica, favorendo così il passaggio da ciò che si conosce a ciò che si esperisce.

Ma non solo la consapevolezza presuppone la capacità di riconoscere

  • I propri bisogni e desideri
  • I propri punti di forza e quelli di debolezza
  • Le proprie emozioni e il modo di esprimerle
  • Le proprie modalità di interazione, di reazione e i meccanismi difensivi
  • Le proprie abitudini e i propri gusti

Tutto questo presuppone una profonda capacità di stare in silenzio, di ascoltarsi/ ascoltare, di osservarsi/ osservare senza giudizio, di riconoscere la comunicazione del nostro corpo, attraverso i sintomi e le emozioni, riuscendo così a capire quali sono i contesti che ci fanno stare bene e quali no.

Partendo dal presupposto che non sempre ciò che è, è ciò che appare ai nostri sensi, essere consapevoli ci  aiuta a sviluppare concretezza ed efficacia.

Sicuramente il cammino verso la consapevolezza è lungo, tortuoso e potrebbe non avere mai fine e il Voice Dialogue è uno degli strumenti che ognuno di noi può utilizzare, attraverso un facilitatore, che ci accompagna in questa avventura di esplorazione interiore.

C’è chi sostiene che essere consapevoli fa diventare l’esistenza più complicata e difficile, ma qual è quel viaggio più avventuroso,che ognuno di noi può fare, se non quello che porta alla conoscenza di se’ancora prima di quella degli altri?