C’è un vecchio detto popolare che recita che “ i nostri figli non ci hanno chiesto di essere messi al mondo e, proprio per questo, dobbiamo dargli quello di cui hanno bisogno”.

Ma di cosa hanno bisogno i nostri figli?

I loro sono bisogni materiali? Anche, ma non solo questi.

Non è sufficiente provvedere a nutrirli, vestirli, mantenerli negli studi e nelle attività sportive… loro ci chiedono altro, molto meno dispendioso in termini economici, ma più impegnativo emotivamente.

Ci chiedono il nostro tempo e la nostra attenzione!

Il tempo per condividere le loro esperienze, il tempo per ascoltarli, il tempo per accompagnarli nelle varie fasi della vita, nei momenti di passaggio/crescita, il tempo per sostenerli e dargli la famosa “pacca sulla spalla”, il tempo per tendergli una mano ed aiutarli a rialzarsi, quando la vita li ha fatti cadere, infondendo in loro la fiducia e la percezione di non essere giudicati, il TEMPO per AMARLI!

E quali sono i diritti dei nostri figli?

Hanno diritto ad essere accettati per quello che sono, con le loro perfette imperfezioni, hanno diritto ad essere visti, hanno diritto a non essere giudicati, ma aiutati a far tesoro dei loro “errori”, hanno diritto ad essere rispettati, hanno il diritto di NON DOVER SCEGLIERE CHI AMARE FRA I LORO GENITORI.

Si, hanno il diritto di non scegliere e di amare in modo eguale i loro genitori mentre noi, quando ci troviamo ad affrontare il percorso della separazione dal nostro/a compagno/a di vita è proprio questo che chiediamo loro ed ecco che iniziamo a fargli vedere e notare le caratteristiche negative dell’altro/a.

Ma loro non ce l’hanno chiesto, perché quell’uomo o quella donna saranno sempre il loro papà e la loro mamma e, proprio per questo, hanno bisogno e diritto di poter continuare a vederli, a frequentarli, a sentirsi protetti, ad amarli e a sentirsi amati.

Queste affermazioni possono sembrare scontate e ovvie, ma nella pratica non è così, dal momento che, sovente, uno dei due genitori va sempre più alla “deriva”, viene messo ai margini della vita del figlio/a e non soltanto lui ma, anche, tutta la sua famiglia di origine.

Per assurdo è come se quel figlio/a, da quel momento in poi dovesse imparare a camminare con una sola gamba, perché è venuta meno una delle due colonne portanti della sua vita: quel genitore che viene privato di partecipare ai suoi progressi, ai suoi traguardi, alle sue evoluzioni, alle sue tappe della vita.

Se questa non fosse una realtà di fatto il legislatore, nel 2006, con la Legge 54, non si sarebbe premurato di specificare, nell’art. 155 “Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significati con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

 Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa””

Sicuramente i diritti materiali, in caso di separazione dei genitori, vengono tutelati, ma quelli morali, pur essendo specificati, sono passati in subordine.

Stanno cercando di porvi rimedio con il Disegno di Legge n° 735, più comunemente conosciuto con ddl Pillon, con cui si ribadisce l’affido condiviso paritario e la garanzia alla bigenitorialità, a seguito del contrasto all’alienazione genitoriale.

Su questo ultimo aspetto ci si auspica che a seguito dell’iter legislativo vengano apportate le necessarie modifiche ed integrazioni, dal momento che la “cura potrebbe essere peggiore del danno”.

Nello specifico si fa riferimento agli art. 17 e 18 del Disegno di legge, con cui si propongono  modifiche e integrazioni “nell’esclusivo interesse del minore, anche quando, pur in assenza di evidenti condotte di uno dei due genitori, il figlio minore manifesti comunque rifiuto, alienazione o estraniazione con riguardo a uno di essi […] Il giudice, nei casi di cui all’art. 342-bis, può in ogni caso disporre l’inversione della residenza abituale del figlio minore presso l’altro genitore oppure limitare i tempi di permanenza del minore presso il genitore inadempiente, ovvero disporre il collocamento provvisorio del minore presso apposita struttura specializzata, previa redazione da parte dei servizi sociali o degli operatori della struttura di uno specifico programma per il pieno recupero della bi genitorialità del minore, nonché dell’indicazione del responsabile dell’attuazione di tale programma”.