Nessuno di noi può dissentire sul fatto che viviamo nell’era degli acronimi, in ogni ambito sociale, e il contesto scolastico non è da meno, BES, DSA, ADHD, PDP…. , con ognuno dei quali si tende ad esprime una difficoltà/ disagio didattico ed educativo e modalità d’intervento. Ma se proviamo a mettere in correlazioni l’aspetto didattico con il contesto socio-familiare in cui un bambino-adolescente vive possiamo trovare una stretta correlazione fra i due contesti.

Maria Montessori affermava che ” senza curiosità e senza meraviglia difficilmente si impara”, e partendo da questo assioma è possibile affermare che l’esperienza dello scioglimento della famiglia, come conseguenza di una crisi coniugale, protrattasi nel tempo, può produrre per i figli, come naturale conseguenza, un arresto nel processo di crescita e nell’opportunità di apprendimento, perché la componente emotiva può portare non solo a ridurre le capacità attentive ma, anche, le abilità cognitive, tanto da poter parlare di Bisogni Educativi Speciali o BES.

Con questo termine il D.M. 27/12/2012 pone l’accento su quegli alunni che ” con continuità o per determinati periodi, può [possono] manifestare dei Bisogni Educativi Speciali per motivi fisici, biologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta”.

E chi più di un figlio/alunno che sta vivendo lo scioglimento della sua famiglia può manifestare un bisogno speciale che lo conduce alla perdita temporanea della curiosità e della capacità di meravigliarsi/stupirsi dinanzi alle attività didattiche proposte, riducendo così le opportunità di apprendimento, perché troppo concentrato sul qui ed ora dei suoi genitori, tanto da percepire la paura del futuro come compagna del presente ?

Dinanzi a queste situazioni la comunità scolastica è chiamata a ricoprire un ruolo di rilevazione del gap emotivo, chiedendo poi l’intervento di specialisti, che emerge da tutto ciò che l’alunno/figlio non dice e non fa, aiutandolo e sostenendolo nella fase della Resilienza, che non prevede la negazione o l’evitamento della sofferenza, bensì l’emersione della capacità di riorganizzare la propria vita è le proprie competenze.

Articolo pubblicato nella rivista Valley Life di luglio 2017